In occasione del 18. Concorso Internazionale di Arrangiamento e Composizione per Orchestra Jazz di Barga, dedicato quest'anno a Wayne Shorter, il nostro direttore Stefano Cavallini ha incontrato Bruno Tommaso (foto), direttore dell'orchestra di Barga Jazz, colonna portante del concorso, e ne e' venuta fuori l'intervista che segue:
- L'anno prossimo Barga Jazz compie vent'anni e cosi la tua direzione...
- E' esattamente cosi. C'e' una coincidenza di date. Io sono nato nel '46, Barga Jazz compie vent'anni e io 60. Anche se alla fine dell'anno.
- Nonostante lo sforzo di tutti, perche', secondo Bruno Tommaso, e' giusto che Barga Jazz continui a vivere?
- Io mi auguro che Barga jazz continui a vivere lungamente perche' purtroppo non siamo nel paese di bengodi. Pur essendo un paese del G8, pur essendo uno dei paesi piu' evoluti, pur essendo un paese europeo, che fa parte della Comunita' Europea, l'Italia purtroppo non ha istituzioni attentissime alla cultura; di conseguenza non le ha attentissime alla musica e di conseguenza non le ha attentissime a tutta quella parte della musica trasversale, non necessariamente commerciale. Per cui se venissero a mancare anche quei pochi punti di riferimento che servono da incentivo, da stimolo per quei musicisti giovani e in qualche caso meno giovani che intendono occuparsi con serieta' e profondita' di questo aspetto della vita musicale, saremmo ancora piu' poveri.
- Una poverta' che si paga in termini culturali. Per togliere la poverta' culturale occorrono molti piu' anni che per togliere la poverta' economica di un paese.
- Assolutamente. Credo che Barga Jazz mi abbia arricchito; nel senso che non mi ci sono fatto la casa, ma mi ha arricchito di esperienza, mi ha arricchito di conoscenza. Barga Jazz e' uno dei luoghi dove in qualche maniera si puo' tastare il polso alla situazione culturale e musicale italiana. Ci sono le annate piu' sperimentali, le annate piu' di riflessione, un andare avanti, tornare indietro; insomma una situazione molto interessante. Tenendo presente poi che quello che noi ascoltiamo nelle serate finali di Barga sono solo una parte delle partiture che arrivano.
- E Bruno Tommaso in questi venti anni quanta strada ha fatto?
Credo non spetti a me dirlo pero' penso di aver sperimentato diverse strade, alcune delle quali con molta soddisfazione; altre devo ancora capirle.
Pero' ecco, alcune cose posso dirle. E se e' vero che ho dei personaggi o dei musicisti che per me costituiscono un riferimento, non ho cercato mai di copiarli in nessun modo.
Sicuramente Charles Mingus, Gabriel Faure' o Frank Zappa possono costituire per me esempi importanti, ma non ho mai cercato di essere nessuno di questi tre. E di questo ne vado piuttosto fiero.
- E ora ti provoco.
- Provoca, provoca pure.
- Per te l'insegnamento riveste una parte importante della tua vita artistica. E se ti dicessi che un proverbio recita: chi sa fa, chi non sa insegna?
- Ti ringrazio della provocazione, ma sfondi una porta aperta, perche' io stesso ho fatto una classifica che recita cosi (ride): se vuoi fare della musica la suoni, se non sei capace di suonarla la scrivi, se non sei capace di scriverla la insegni, se non sei capace neanche d'insegnarla fai il direttore d'orchestra, se non riesci a fare neanche il direttore d'orchestra fai il critico musicale.
- Cosa vorrebbe fare Bruno Tommaso da grande?
- Effettivamente ho un sogno.
Sono sempre piu' diffidente, restio e pessimista sulla situazione musicale, ma non mi voglio arrendere e mi piacerebbe prima di tutto coltivare delle situazioni piccole ma importanti, come qui a Barga Jazz. Almeno finche' posso contribuire, perche' non siamo eterni. E poi mi piacerebbe mettermi a studiare, a scrivere della musica che magari nessuno suonera' mai. Un fatto mio personale, di soddisfazione mia senza nessun condizionamento. Bisognerebbe certo aver le condizioni economiche per farlo, dettaglio questo non certo secondario, che cerchero' di risolvere prima o poi(ride).
- Cos'ha cercato di evitare, Bruno Tommaso durante la sua carriera artistica, senza riuscirci?
- Devo dire di aver fatto una piccola statistica ma, non per difendere la categoria dei musicisti, che senza dubbio hanno tantissimi difetti; le principali difficolta' che ho avuto nel mio mestiere, sono dovute al fatto che tu fai musica e nel far musica ti incroci con altre professionalita'. Il piu' delle volte le professionalita' che hanno impedito lo svolgersi della mia professionalita' sono state altre professionalita' di altre persone che non sapevano fare il loro mestiere.
Per spiegarti meglio ti faccio un piccolo ragionamento: quando noi suoniamo, dobbiamo decidere che nota fare, come farla, mettere in movimento una serie di leve interne del nostro corpo, che comandano un dito, che va su una corda. Basta una frazione di millimetro e questa nota ti verra' diversa da quella che tu pensi, certo stonata, e molto probabilmente questa nota sbagliata rimarra' nella memoria di chi ti ascolta e puo' rischiare di rovinarti non solo un concerto, ma forse anche una reputazione.
Mettiamoci adesso nelle altre professionalita': un impiegato del comune che deve risolvere una pratica di un'orchestra per avere un finanziamento. Non deve far altro che aprire un cassetto estrarre un foglio e lavorarci sopra, non ha una frazione di secondo, ma ore, giorni, settimane, mesi; e spesso non fa bene il suo lavoro.
Mi chiedo quante altre professionalita' in una frazione di secondo possano rovinare la propria reputazione. Quindi ho cercato piu' di una volta di fare tutto da me.
Ci sono stati diversi tentativi per fare questo. Alcuni sono riusciti bene, altri meno bene. Lo stesso implicare musicisti della Scuola Popolare di Musica di Testaccio a Roma o della Italian Instabile Orchestra nel gestire, nell'occuparsi di cose diverse della musica e della didattica, nell'organizzazione, direttamente nell'operare, ha significato per me occuparsi di burocrazia, che in se' stessa non e' una parolaccia o una cosa terribile se tutti, all'interno di un apparato burocratico, facessero semplicemente il loro lavoro, fino in fondo.
- E invece cos'ha cercato di raggiungere Bruno Tommaso, senza riuscirci?
- Diciamo subito che non sono riuscito a diventare ricco (ride) anche se non c'ho mai provato, ma credo non sia questa la risposta.
Mi sarebbe piaciuto, e devo dirtelo con un certo rammarico, dal punto di vista strumentale mantenere un po' piu' a lungo la mia efficienza sullo strumento; perche' troppo presto le mie dita non hanno piu' obbedito alle mie idee, a causa anche di qualche problema di salute. Mi e' dispiaciuto perche' vivere la musica direttamente col proprio strumento e' una emozione particolare, coinvolgente e mi sarebbe piaciuto allungare un po' piu' i tempi, e ritardare le offese dell'eta'.
Certo continuero' ancora per un po' a suonare, ma ho gia' capito che la mia strada principale sara' quella della scrittura e non potro' piu' far vivere parallelamente le due cose: scrittura ed esecuzione.
- Finiamo sul concreto: un progetto a cui stai lavorando e al quale tieni particolarmente?
- In realta' sono molti.
Il primo che mi viene in mente non e' un vero progetto ma una cosa che stava nascendo e che poi per motivi burocratici, questa volta nel senso negativo del termine, non e' piu' andata avanti, e' quello dell'Orchestra Giovanile Italiana di Jazz, che io credo sia una necessita' per questo paese. Una necessita' culturale assoluta perche' tutti i paesi del mondo ce l'hanno e noi no. Una vera vergogna.
Ero riuscito a Siena Jazz per alcuni anni con i fondi europei a crearne e mantenerne una che stava per crescere, poi e' intervenuta l'impossibilita' materiale per farlo perche' l'orchestra giovanile a Siena nasceva in base a delle leggi comunitarie che prescrivevano la non ripetizione dell'esperienza, a meno che non ci fosse una precisa richiesta da parte di aziende, industrie o robe simili.
In Italia l'unica azienda che promuoveva delle orchestre vicino al jazz era la Rai. La Rai ha sciolto le orchestre di conseguenza e' venuta a mancare l'unica possibilita' materiale per poter ricorrere e sfruttare quella legge europea.
In realta' ci sono altre strade possibili, pero' e' necessaria una sensibilizzazione da parte dei grandi enti pubblici che attualmente non esiste.
E io quando posso accendo una miccia sperando che prima o poi si possa imboccare la strada giusta.
Stefano Cavallini
1 commento:
grande Maestro
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